Terra bruciata: Roccaraso

(da “Abruzzo anno zero” di M. Masci) “Ora bisognerà inventare Roccaraso, dissero i roccolani al loro rientro nella dolce selletta ai piedi del rudere del castello, contemplando il luogo cosparso di calcinacci e di macerie dove sorgeva il loro paese.

(da “Abruzzo anno zero” di M. Masci)
“Ora bisognerà inventare Roccaraso, dissero i roccolani al loro rientro nella dolce selletta ai piedi del rudere del castello, contemplando il luogo cosparso di calcinacci e di macerie dove sorgeva il loro paese. Roccaraso era scomparsa.
Ebbe cognizione per primo Kesselring, generale della Luftwaffe comandante della II flotta aerea germanica di stanza nel mediterraneo, dell’importanza strategica della zona quando in un sopralluogo personale ordinò di fortificare a difesa Roccaraso come posizione chiave dominante sulla valle del Sangro (che i Tedeschi della 1^ divisione paracadutisti e del LXXVI corpo alpino erano ben decisi a difendere dopo aver abbandonato la precedente linea difensiva posta sul fiume Trigno)

Da quel momento anche Roccaraso fu considerata come “terra da bruciare”.

Per prima cosa fu tolta di mezzo la pineta: trentamila pini furono usati per cospargere di puntelli tutto il piano delle Cinquemiglia allo scopo di impedire l’atterraggio degli aerei nemici; poi furono fatti saltare i vari ponti ferroviari della zona e, al momento della ritirata, le traversine delle rotaie vennero tranciate con una speciale macchina.

Il solerte lavoro dei guastatori non si limitò soltanto alle infrastrutture ed alle vie di comunicazione ma interessò anche l’intero abitato. Il 99% del paese fu raso al suolo. Tra i vari edifici distrutti di particolare importanza vi erano i Palazzi Angeloni e Patini e 7 delle 8 chiese presenti nel paese (si salvò solamente la barocca Chiesa di S. Rocco del 1656). Tutta la popolazione fu fatta evacuare entro breve tempo verso Sulmona, molti preferirono rifugiarsi in terra di Puglia, nel Fucino, molti altri tentarono di rifugiarsi nei territori già liberati dalle truppe anglo-americane.

La guerra fece anche delle vittime civili. Uno spezzone inglese provocò la morte di un bambino di Napoli, Claudio Mori, (al quale è dedicata una strada del paese) che era villeggiante con la sua bambinaia. Poi fu la volta di altri villeggianti o di sfollati che provenivano dalle città e Roccaraso ne era piena, come per tradizione: in casa Ferretti erano ospiti il Marchese di Santa Lilia e la Duchessa Anna Diaz, moglie del figlio del Maresciallo; questi ospiti illustri avevano portato da Napoli, sperando di salvarli, insieme al Principe D’Avalos, ai Baroni Angeloni, rilevanti quantitativi di argenteria familiare; furono costretti a seppellire ogni ricchezza per non trovarla mai più. IL Duca di Santa Lilia fu catturato dai tedeschi nella prima retata insieme al giovane Giuseppe e portato a Rivisondoli per lavori di fortificazioni; altri che riuscirono a sfuggire alla cattura s’arrampicarono sul piano dell’Aremogna con parte dei loro averi e passarono il fronte. I tedeschi sistemarono sul costone a lato est che domina la vallata un reparto di fucilieri e due batterie semoventi che disseminavano di bombe la vallata, provocando fastidio ai reparti dell’ottava armata.

Il 24 novembre le truppe canadesi conquistarono la collina di Castel di Sangro e da quel momento si esasperarono e dissanguarono i vani attacchi e irruzioni contro lo sperone difeso dai tedeschi rimasti soli a Roccaraso, dopo l’esodo della popolazione.

In dicembre la neve si ammonticchiò sulle macerie di quella che era stata la più fiorente stazione climatica montana dell’Abruzzo aquilano e la selletta di Roccaraso sembrò assumere l’aspetto uniforme del paesaggio circostante: un dolce declivio della zona delle Cinquemiglia; qualche rudere che spuntava dal mantello bianco sembrava lanciare un grido di nostalgia e dolore. Nel gennaio un’accanita battaglia ed un’ostinata resistenza della retroguardia tedesca sull’Arazecca e sullo sperone di Roccacinquemiglia stabilizzarono il fronte per cinque mesi in quella zona; ma il passo di Roccaraso non si conquistò se non dopo il 4 giugno, quando tutto il fronte con la caduta di Roma cedette e i tedeschi abbandonarono la linea “Gustav”.

Quando i primi roccolani tornarono, trovarono l’assurdo e scoprirono il vuoto: il paese non c’era più, solo un ammasso informe di macerie, bisognava ricostruirlo da capo, cioè inventarlo”.

Roccaraso era uno dei tanti paesi e città italiane “bruciati” dalla guerra. Ed arrivando in questo centro montano se il turista guarda in alto verso le montagne può scorgere “Monte Zurrone”, un picco dominante panoramico, che fu posto d’osservazione per i tiri di artiglieria e su di esso il “Monumento ai Caduti senza Croce”, un sepolcreto di nomi in luogo delle ossa per sempre disperse, voluto dal tenace ed infaticabile Col. Vincenzo Palmieri, combattente egli stesso e che aveva avuto nella propria famiglia un fratello ufficiale morto in Jugoslavia ed un cugino disperso in Russia. E a ricordo dei propri cari ma anche di tutti i giovani soldati decise di impegnarsi per costruire sui nostri monti un Sacrario che li ricordasse alle future generazioni.

La costruzione del Monumento venne iniziata nel 1956 con offerte di Enti, Forze Armate, Associazioni combattentistiche di ogni parte d’Italia, Personalità, Artigiani. Offerte in dono di manufatti non mancarono da molte Città d’Italia colpite duramente dalla guerra.

Il 1 settembre 1961 dalla storica Basilica di Santa Croce di Firenze partì, diretta al nostro Sacrario, l’urna bronzea che conteneva i Ruolini di un primo gruppo di 12.500 Ufficiali, Sottufficiali e Soldati, tutti caduti senza croce. Manciate di terra, di sabbia e di mare delle località in cui i nostri valorosi soldati hanno combattuto e spento la propria esistenza, si conservano nel Sacrario. Ogni anno, l’ultima domenica di giugno si svolge su Monte Zurrone la “Giornata del Ricordo”, affinchè il ricordo dei caduti per la Patria, il loro sacrificio sia la speranza di un futuro di pace.

Chi giunge oggi a Roccaraso non immagina quindi che in questi luoghi esisteva un antico borgo medioevale, ricco di architettura rinascimentale e barocca, un mondo che la mano dell’uomo ha spazzato via poco più di 60 anni fa quando su questi monti correva la linea che doveva fermare l’avanzata alleata che risaliva dalla Sicilia.

Ma Roccaraso risorge novella dalle ceneri delle sue case antiche, ricche di storia e di cultura, grazie alla tenacia della sua gente.

Nel 1946 Enrico de Nicola, primo Presidente della Repubblica Italiana, diretto a Napoli, si ferma a Roccaraso, un mucchio di macerie come abbiamo detto, ma che già cominciava a risorgere, si iniziava a ricostruire il primo albergo.

Gli anni scorrono veloci e la tenacia, il sacrificio della popolazione ha fatto sì che oggi Roccaraso è una splendida realtà turistica ricca di infrastrutture e di bellezze naturali come immensi boschi e prati.

E’ oggi la più importante stazione turistica dell’Appennino, incastonata tra il Parco Nazionale d’Abruzzo, Lazio e Molise e il Parco Nazionale della Maiella.

Le notevolissime attrezzature sciistiche e sportive in genere (100 chilometri di piste, tutte collegate ed ottimamente servite da modernissimi impianti di risalita, il Palazzo del ghiaccio, l’Acquafantasy e il Bowling, il Campo di calcio, i campi da tennis), nonché il gran patrimonio naturalistico, l’attrezzatura commerciale, tre Scuole di Sci con oltre 100 maestri federali, piste per lo sci di fondo, per lo snowboard, sci estremo e sci fuori pista con eliski, sleeddog, e ventinove tra Alberghi e Garnì , rappresentano il biglietto da visita che Roccaraso offre ai propri ospiti.

Ugo Del Castello, che è nato e risiede a Roccaraso, ha condotto con determinazione e passione una difficile ricerca raccolta in 4 libri, donati al Comune di Roccaraso, per trasmettere alle future generazioni un passaggio determinante della storia del suo paese:

“La slittovia di Roccaraso (dicembre 1937)” – Michele Biallo Editore, 2002;
“Roccaraso, la stagione della neve” – Michele Biallo Editore, 2003
“1943 Roccaraso kaputt” – Michele Biallo Editore, 2005
“Cinque Miglia di nostalgia” di Ugo Del Castello e Stefano Buccafusca – Michele Biallo Editore, 2007

A decorrere dal mese di febbraio 2008 Ugo Del Castello ha aperto il proprio sito internet: http://www.lamiaroccaraso.it nel quale ha raccolto gli argomenti più belli, i documenti, i racconti, i primati e le immagini del suo paese affinchè altri potessero apprezzare e conoscere la storia di Roccaraso.

Ultimo aggiornamento

21 Marzo 2013, 16:43